Malaria - Capitolo 1
CENNI STORICI
Nell’antichità è stata una delle malattie più diffuse: testimonianze riguardanti patologie febbrili (forse di origine malarica) sono riportati nei testi “medici” di Sumeri, Assiro Babilonesi, Egizi etc
Per quanto riguarda la sua origine sembra molto probabile che sia “nata” in Africa e successivamente estesa al Mediterraneo, la Mesopotamia, al sub continente Indiano e quindi al Sud Est Asiatico.seguendo le migrazioni delle popolazioni; infine i Plasmodia avrebbero raggiunto il Nuovo Mondo tramite i primi viaggiatori dal Sud Est Asiatico e successivamente (Pl.falciparum) tramite gli schiavi deportati dall’Africa.
Della malattia si ritrovano alcune testimonianze in Cina nel 3.000 ca. a.C. e sono stati scoperti alcuni reperti compatibili con l' infezione malarica nelle mummie dell’antico Egitto: secondo alcunstudiosi la malaria potrebbe essere stata la causa della morte del mitico re Tutankamon.
Nel V° secolo a.c. la malaria era sicuramente arrivata nel Mediterraneo e penetrata in Italia; la prima descrizione del quadro clinico e l’associazione della febbre con le stagioni e con i luoghi malsani sembra risalire a Ippocrate.
La malaria era una malattia nota ai Romani così come era nota l’associazione con zone paludose se Plinio il Vecchio consigliava di costruire gli accampamenti militari lontano da queste; la prevalenza della malattia andò via via aggravandosi all’inizio dell’Impero. Ma se è vero che la patologia affliggeva l’Impero Romano, sembra che fu proprio la malaria salvare Roma dal sacco di Attila nel 452 a.c.: il re degli Unni fu convinto, forse da un emissario di Papa Leone I°, a desistere dal marciare su Roma essendo la città (e le zone vicine) afflitta da una pestilenza che gli storici ascrivono con molta probabilità alla malaria .
Tale supposizione deriva da un eccezionale ritrovamento archeologico da parte del Prof.David Soren dell’Università di Tucson (Arizona) che negli anni 1988-92 ha portato alla luce in una località collinare nella media valle del Tevere (Poggio Gramignano,), la Necropoli di Lugnano Teverina, una necropoli di epoca tardo romana consistente in una serie di sepolture che sono state datate intorno alla metà del V° secolo e potrebbe quindi coincidere con il periodo storico sopra riportato. Una peculiarità, da cui deriva il nome della necropoli, dipende dal fatto che le sepolture riguardano esclusivamente corpi di bambini e feti abortivi; le ossa dei bambini non solo recavano dei segni di “iperostosi porotica” segno di iperattività midollare come si verifica nelle forme gravi di anemia (sempre presente nella malaria), ma le stesse ossa (esaminate presso prestigiose Università Europee) avrebbero rivelato la presenza di resti del DNA del Plasmodium falciparum.
Nel MedioEvo la malaria si estese in gran parte dell’Europa.
Malaria in Italia : In Italia all’inizio del ‘900 le aree malariche si estendevano per quasi 70.000 Kmq ed erano interessati più di 2.600 Comuni.
Per quanto riguarda la specie, il Pl.vivax era quella predominante, soprattutto nel Nord Italia; il Pl.malariae era meno frequente ma distribuito su tutto il territorio, mentre il PL.falciparum era la specie prevalente nel Meridione: per tale motivo il maggior numero di decessi si verificavano nell’Italia del Sud.
Tale supposizione deriva da un eccezionale ritrovamento archeologico da parte del Prof.David Soren dell’Università di Tucson (Arizona) che negli anni 1988-92 ha portato alla luce in una località collinare nella media valle del Tevere (Poggio Gramignano,), la Necropoli di Lugnano Teverina, una necropoli di epoca tardo romana consistente in una serie di sepolture che sono state datate intorno alla metà del V° secolo e potrebbe quindi coincidere con il periodo storico sopra riportato. Una peculiarità, da cui deriva il nome della necropoli, dipende dal fatto che le sepolture riguardano esclusivamente corpi di bambini e feti abortivi; le ossa dei bambini non solo recavano dei segni di “iperostosi porotica” segno di iperattività midollare come si verifica nelle forme gravi di anemia (sempre presente nella malaria), ma le stesse ossa (esaminate presso prestigiose Università Europee) avrebbero rivelato la presenza di resti del DNA del Plasmodium falciparum.
Nel MedioEvo la malaria si estese in gran parte dell’Europa.
Malaria in Italia : In Italia all’inizio del ‘900 le aree malariche si estendevano per quasi 70.000 Kmq ed erano interessati più di 2.600 Comuni.
Per quanto riguarda la specie, il Pl.vivax era quella predominante, soprattutto nel Nord Italia; il Pl.malariae era meno frequente ma distribuito su tutto il territorio, mentre il PL.falciparum era la specie prevalente nel Meridione: per tale motivo il maggior numero di decessi si verificavano nell’Italia del Sud.
Il Pl.vivax e malariae erano presenti in tutte le stagioni mentre il Pl.falciparum in estate e autunno.
Le Regioni più colpite erano le isole (Sardegna e Sicilia) che, da sole, arrivavano al 70% dei casi nazionali; le Regioni con media endemicità erano rappresentate da Puglia, Basilicata, Calabria, Campania e Lazio che determinavano un altro 20% dei casi ed infine le Regioni a bassa endemicità (Veneto, litorale della Toscana, Abruzzo, la valle e il delta del Po (e relative regioni interessate cioè Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna) con il 10% dei casi nazionali.
Le Regioni più colpite erano le isole (Sardegna e Sicilia) che, da sole, arrivavano al 70% dei casi nazionali; le Regioni con media endemicità erano rappresentate da Puglia, Basilicata, Calabria, Campania e Lazio che determinavano un altro 20% dei casi ed infine le Regioni a bassa endemicità (Veneto, litorale della Toscana, Abruzzo, la valle e il delta del Po (e relative regioni interessate cioè Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna) con il 10% dei casi nazionali.
Fino agli anni ’30, tranne un picco di circa 1.000 casi nel 1905, generalmente si verificavano tra i 400 e gli 800 casi clinici per 100.000 abitanti
Già nel 1901 il Governo Italiano, preso atto che la malaria rappresentava un problema di Sanità pubblica, iniziò a promulgare leggi in materia con lo scopo di intervenire sia sulla popolazione residente in aree malariche (favorendo la profilassi e la terapia) sia sull’ambiente per ridurre la presenza delle zanzare nelle medesime aree.
Tali norme e i successivi aggiornamenti tendevano non solo a realizzare gli obiettivi di cui sopra ma anche a rilevare le modificazioni delle condizioni locali che favorivano la persistenza della malattia.
Senza dubbio un ruolo rilevante nella lotta contro la Malaria ebbe l’istituzione del “Catasto della malaria”, dei Comitati Provinciali Antimalarici (che dovevano favorire le iniziative locali e coordinarle); uno spazio particolare va senza dubbio riservato alla trasformazione fondiaria, la bonifica agricola e idraulica che determinarono un risanamento del suolo. Gradualmente i casi di malaria e relativi decessi si ridussero ma gli eventi bellici causarono la recrudescenza della malattia: nel 1945 si registrarono più di 411.00 casi. Dopo la fine della guerra, grazie al progressivo miglioramento delle condizioni socio economiche, la ripresa del lavoro agricolo e soprattutto grazie alle campagne di lotta alle zanzare con l’uso del DDT (dicloro-difenil-tricoloroetano), un insetticida “con azione residua” (che cioè persisteva per alcuni mesi), si ottennero dei risultati progressivamente migliori: le notifiche di malaria si ridussero drasticamente arrivando a 15 casi nel 1954.
Venne così interrotta la trasmissione del Plasmodium falciparum prima, successivamente del vivax e quindi del malaria: l’ultimo caso di malaria si registrò nel 1964.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità. iscrisse l’Italia nei registri dei Paesi liberi da malaria il 21 settembre 1970.
(MALARIA IN ITALIA: La maggior parte dei dati desunti da “S.Squarcione et al. Cenni sull’eradicazione della malaria in Italia” Quattroventi ed. 1998).
Numerosi furono gli Italiani, studiosi della materia, che contribuirono in maniera significativa alla definizione delle conoscenze della malattia e dell’agente responsabile: Giovanni Maria Lancisi, Ettore Marchiafava, Angelo Celli, Camillo Golgi, Amico Bignami, Giuseppe Bastianelli e Giovanni Battista Grassi, Alberto Missiroli, hanno legato per sempre il loro nome alla storia di questa malattia.
Venne così interrotta la trasmissione del Plasmodium falciparum prima, successivamente del vivax e quindi del malaria: l’ultimo caso di malaria si registrò nel 1964.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità. iscrisse l’Italia nei registri dei Paesi liberi da malaria il 21 settembre 1970.
(MALARIA IN ITALIA: La maggior parte dei dati desunti da “S.Squarcione et al. Cenni sull’eradicazione della malaria in Italia” Quattroventi ed. 1998).
Numerosi furono gli Italiani, studiosi della materia, che contribuirono in maniera significativa alla definizione delle conoscenze della malattia e dell’agente responsabile: Giovanni Maria Lancisi, Ettore Marchiafava, Angelo Celli, Camillo Golgi, Amico Bignami, Giuseppe Bastianelli e Giovanni Battista Grassi, Alberto Missiroli, hanno legato per sempre il loro nome alla storia di questa malattia.
Alberto Missiroli
Camillo Golgi
Ettore Marchiafa
G.B. Grassi
G.M. Lancisi
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